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2. SVILUPPI E INDIRIZZI DELLA PSICOLOGIA MODERNA

2.1 Principali teorie psicologiche: il contributo di Brentano

 

Nell’arco di una cinquantina di anni, lo sviluppo della psicologia vide la nascita di numerose correnti epistemologiche (strutturalismo, funzionalismo, psicologia della forma, psicoanalisi, comportamentismo) a dimostrazione della complessità dello studio della psicologia rispetto alle altre scienze naturali. Come era stato colto da Comte, l’oggetto d’indagine era anche il soggetto d’indagine e le differenze tra psicologia e filosofia non sempre erano chiare.

 

Emblematico in questo senso, sui futuri sviluppi della psicologia moderna, è l’influsso che ebbe F. Brentano, filosofo e psicologo austriaco, il quale

 

[…] adottando un linguaggio tecnico che rimandava alla filosofia tomistica medievale, interpretava il ‹‹mentale›› in termini di intenzionalità: mentale è un atto che si riferisce o è diretto ad un oggetto; vedere è vedere qualcosa. […] Diversamente dagli studi di psicologia fisiologica, forniva un linguaggio per descrivere la mente nei termini delle sue proprietà e delle sue attività anziché in termini di stati fisici. Gli studiosi di Wurzburg, i cui esperimenti dimostravano l’impossibilità di analizzare il pensiero in elementi sensoriali, trovarono un’applicazione pratica a tale linguaggio.[1]

 

La Scuola di Brentano ebbe molta influenza sia in psicologia sia in filosofia. Elementi importanti del suo pensiero furono alla base della nascita della psicologia della Gestalt nonché della psicoanalisi di Freud, dove l’elemento mentale tout court cominciò ad assumere rilievo anche come psicopatologia (nella psicologia dell’inconscio), in contrapposizione alle alterazioni mentali organiche.

 

Tuttavia il rischio era sempre quello di far scivolare la psicologia da scienza naturale a puro costrutto filosofico, fondamentalmente contesa tra monismo materialista e spiritualismo deista. A sostegno di questa tesi può essere d’esempio il caso di Freud da un lato e di James dall’altro.

 

Freud, ateo, cercò abbondantemente di far uso delle intuizioni della psicanalisi per screditare le religioni storiche e avvallare la sua ideologia antireligiosa[2]; viceversa James, su cui torneremo, applicò la sua ricerca psicologica al fenomeno religioso approdando ad una sua personale metafisica.[3]

 

2.2 Principali orientamenti attuali della psicologia

 

Come abbiamo visto, la storia della psicologia si intreccia con la storia del pensiero dell’uomo, con la sua ricerca di verità su se stesso e quindi anche con la filosofia. Oggi, più che parlare di correnti psicologiche, si tende a parlare di approcci alla dimensione psicologica dell’uomo, fondamentalmente divisi in cinque tipologie: biologico, comportamentale, cognitivo, psicodinamico e, infine, umanistico.[4] Ognuno di questi approcci, come per le correnti storiche, enfatizza un aspetto della ricerca psicologica a discapito dell’ altro (ad es. quello fisiopatologico organicista, quello del condizionamento comportamentale, quello della percezione e dell’apprendimento, quello dell’ inconscio, quello della realizzazione personale) ma, ciò che è più importante notare, ognuno di essi tende ad avere substrati filosofici che non risultano neutrali nei confronti del senso della vita. Ciò potrebbe sembrare un dato inevitabile della ricerca psicologica, a meno che non si riesca a concepire una psicologia davvero scientifica, ateoretica e neutrale rispetto la dimensione metafisica.

 

Come emerge dalla riflessione di S.L. Jaki, nella storia dello sviluppo scientifico la psicologia continua a rivestire dei caratteri tutti particolari.

 

La psicologia ha un segmento ridotto, la psicometria, che è scienza; il resto non è che filosofia, di solito pessima. Si può dire lo stesso riguardo alla sociologia, per tacere della cosiddetta scienza politica. Due generazioni fa c’era una tendenza verso l’elaborazione di una filosofia scientifica, sotto forma del positivismo logico. Uno dei suoi principali esponenti, Ayer, a Oxford, finì per concludere che nel positivismo logico quasi tutto era sbagliato. Una moda più recente è la fenomenologia, di cui solo ricordo l’ammissione di Husserl che tutta la sua vita era trascorsa alla vana ricerca di un soddisfacente punto di partenza. […] Parlare di fenomenologia ontologica è fare un gioco di parole privo di significato.[5]

 

La tendenza ampiamente diffusa oggigiorno consiste nel percepire la ricerca psicologica, nonché ovviamente la ricerca in seno alle scienze naturali, quale unica fonte di verità su cui basare la conoscenza propria dell’uomo e della realtà che lo circonda. Una tale visione non può che essere arbitraria e parziale; in ultima analisi, non può che essere terreno per una antropologia che svilisce la complessità e i bisogni dell’essere umano.


[1]  R. SMITH, Storia della psicologia, Il Mulino, Urbino 2004, p.38.

[2]  L’intento di Freud è esplicitamente dichiarato in molti momenti della sua vita ma specialmente nelle sue ultime opere quali L’avvenire di un’illusione (1927), Il disagio della civiltà (1929), L’uomo Mosè e la religione monoteistica (1934-1938).

[3]  Si veda ad es. Il significato della verità (1909) e Un universo pluralistico (1909) in cui viene progressivamente elaborata una concezione panpsichista governata da un Dio finito.

[4]  W.E. GLASSMAN – M. HADAD, Approaches to Psychology, McGraw-Hill, New York 2009.

[5]  S.L. JAKI, Quello che Dio ha separato…Riflessioni sulla scienza e la religione, 21mo Secolo, n. 1-2005.

31/01/2012

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