ARTICOLI STORICI

Può l'intervento psicoterapeutico modificare l'immunità?

Più di 20 anni fa Janice Kiecolt-Glaser e Ronald Glaser pubblicavano questo state of the art riguardo l'interazione mente-corpo: le prospettive in conclusione erano molto promettenti. Oggi, nei maggiori centri terapeutici, la presa in carico olistica del malato viene garantita proprio sulla base degli studi che hanno dimostrato come la prognosi in condizioni croniche debilitanti sia più favorevole quando alla terapia medica viene associato il supporto psichico.

Ritmi circadiani e ultracircadiani, melatonina, immunità.

In questa rassegna, focalizzata sulla melatonina, Nelson e Demas considerano gli effetti stagionali sulla regolazione neuro-endocrino-immunitaria. Limiti: non è uno studio sull'uomo ma sui roditori. In ogni caso sono interessanti anche i riferimenti alle variazioni stagionali sull'asse ipotalamo-ipofisi-surrenalico.

Cortisolo urinario e solitudine

Kiecolt-Glaser è tuttora una delle più brillanti ricercatrici in ambito PNEI occupandosi a trecentosessanta gradi di tutto ciò che riguarda le interazioni tra stress, immunità, comportamento, infiammazione. In questo lavoro, molto limitato ma comunque pionieristico, viene valutata la quantità di cortisolo urinaria escreta e alcuni indici di attività del sistema immunitario in correlazione a test psicometrici capaci di individuare eventi stressanti e solitudine in pazienti psichiatrici ricoverati.

Future directions for brain, behavior, and the immune system

In questa Lecture Marvin Stein traccia una linea dei conti dell'evoluzione della psicosomatica, con particolare riferimento alle interazioni tra cervello e sistema immunitario, agli inizi degli anni '90. Prova anche a tracciare un calcolo delle prospettive future, focalizzate su un possibile sempre più interessante ruolo delle relazioni neuroimmunitarie nella pratica clinica.

Marvin Stein, 1992Marvin Stein, 1992 [2.191 Kb]

Pratica religiosa e aspettativa di vita.

Il presente articolo curato da McCullough e collaboratori costituisce una pietra miliare nella valutazione dell'aspettativa di vita nelle persone religiose. Lo studio consiste in una metanalisi dei principali studi riguardanti l'associazione tra tutte le cause di morte e l'intensità del coinvolgimento personale nella pratica religiosa. In complesso sono considerate quasi 126000 persone e la correlazione tra maggior sopravvivenza e più intensa pratica religiosa sembrerebbe scevra da bias. Tuttavia, lo studio non consente una diretta relazione causa-effetto.